Quasi per sbaglio ho deciso di visitare questi splendidi luoghi, viaggio designato per quest’anno: Portogallo. Tutto programmato per non perdere niente e poi, sono arrivata a Faro.
Era il mese di novembre, bassa stagione, pochi turisti e la fortuna di beccare il giro in barca esclusivo!
Al timone c’era un ragazzetto che non avrà avuto neanche vent’anni, un pochetto impacciato ad uscire dal porticciolo, quasi non mi fidavo ma, per fortuna, mettere il giubbotto di salvataggio era obbligatorio.
Usciti dal porticciolo si apriva una distesa di paludi, acqua e canali che si snodavano fino a perdita d’occhio e mentre passavo a rassegna scrupolosamente ogni metro mi imbattei nello sguardo di José. Sembrava quasi perso nel pensiero del luogo, io non conoscevo nulla di quel posto, solo il nome: Ria Formosa.
Senza pensarci troppo inizio a tempestare di domande il poveretto, tra il suo inglese stentato e il mio portoghese improvvisato, pensai: “L’importante è capirsi, no?”.
Doveva solo guidare, ma alla fine ha fatto molto di più! Mi ha raccontato di come Faro prendesse il nome dal faro presente in quel vecchio villaggio di pescatori nell’isoletta più esterna del parco naturale e della vita che, tutt’oggi, è scandita come trecento anni fa: ancora bisogna addentrarsi tra un canale e l’altro per non prendere qualche banco di sabbia.
Al banco di sabbia sinceramente non ero molto interessata, ma lui raccontava e parlava in modo così coinvolgente e appassionato che anche le istruzioni per mettere il giubbotto le ricordo ancora!
Insomma, la gita in barca doveva durare poco più di un’oretta e mezza, ma sta di fatto che dopo tre ore io ed il “ragazzetto” eravamo ancora li e mentre ascoltavo i racconti su Faro mi perdevo tra le onde dei suoi occhi azzurri come il mare!
Maria Grazia
Nata in Calabria, cresciuta in Emilia Romagna e toscana d’adozione ora vive e lavora a Firenze, a due passi dalla Cupola del Brunelleschi. Sommersa dagli impegni della routine i suoi viaggi sono sempre l’occasione giusta per staccare dalla monotonia e concedersi una boccata d’aria. Il suo sorriso ci insegna che non sempre serve progettare un viaggio, perché l’avventura più emozionante è dettata dall’imprevisto.